“Resto qui”: Marco Balzano
Da qualche anno mi sono avvicinata alla fotografia, spesso le passioni anche quelle che nascono timidamente in sordina, finiscono poi per essere trainate dall’entusiasmo tipico dell’esordiente perfino in tempi non sospetti. Era la primavera del 2020, quella del lockdown e del tempo sospeso, quando decisi che nei lunghi e vuoti pomeriggi beffardamente dal cielo terso, avrei provato ad affinare il mio estro da fotografa in erba, divorando manuali basici di fotografica per dilettanti allo sbaraglio e spulciando i profili instagram della miriade di fotografi paesaggistici (quelli veri) che popolano le pagine di questo social, ufficialmente per trovare un riscontro pratico alle mie poche e strampalate competenze fotografiche, ufficiosamente per evadere con la fantasia dalle quattro mura di casa.
Proprio in una di queste giornate sospese in un “tempo non tempo”, mi sono imbattuta in una delle tantissime e suggestive foto del solitario campanile che emerge dalle acque del lago di Resia. Un’immagine potente di un luogo unico nel suo genere che tuttavia incute quasi timore per la sua inusuale composizione, un campanile fantasma che invece sembra quasi essere un faro sospeso che proietta i suoi fasci di luce sugli abissi delle acque che lo circondano, quasi a voler fare intuire a chi lo osserva ammirato, che non sempre è tutto come sembra, che anche la bellezza a volte può essere ingannevole e subdola.
Nonostante infatti il campanile nel lago sia diventato nel corso degli anni un’attrazione turistica oltre che motivo di ispirazione per la letteratura, in primis con il romanzo di Marco Balzano , “Io resto qui” , dietro questo luogo malioso si cela una storia drammatica e ancora a tratti semisconosciuta .
Marco Balzano, attraverso un notevole lavoro di ricerca storica prova a fare riemergere dalle torbide acque i vecchi borghi di Curon, un paese di montagna sull’orlo del confine svizzero e austriaco sommerso dalla violenza della sua storia, la quale secondo lo scrittore, è stata in grado di ospitare una storia più intima e personale attraverso cui è stato possibile filtrare la prima, la Storia con la s maiuscola.
Tutto ha inizio quando nei primi anni venti del secolo scorso prende forma un progetto per la costruzione di un bacino artificiale per la produzione di energia idroelettrica che, si concretizzò definitivamente nella realizzazione di una diga a terra per collegare i due laghi naturali della zona, il lago di Curon e il lago di Resia. Questa grande opera, portata avanti dalla Compagnia Elettrica Montecatini, prevedeva l’innalzamento del livello dell’acqua da 5 a 22 metri, causando quindi l’inevitabile cancellazione del piccolo borgo. Durante questo lungo processo le perplessità e le esigenze della popolazione residente sono state sin dall’inizio totalmente ignorate e le loro richieste di dialogo con tutte le autorità, coinvolte a vario titolo nel progetto, sono rimaste inascoltate.
In tutta questa storia di soprusi e di esercizio del potere per il potere, Balzano con una scrittura semplice racconta il calvario e le lotte di un popolo, che ben presto scopre sulla propria pelle di essere intrappolato tra fascismo e nazismo e lo fa in maniera audace attraverso la voce e il ritratto di Trina, una donna sensibile ma al tempo stesso coraggiosa.
Trina è una ragazza del borgo come tante, con la sua buona dote di sogni a portata di mano, primo fra tutti quello di diventare maestra, desiderio che le verrà ben presto strappato con l’avvento del regime fascista e il suo delirante progetto di ” italianizzazione ” di un intero territorio e della sua popolazione di lingua tedesca. Tuttavia sin dalle prime pagine si delinea chiaramente la personalità forte e il carattere caparbio dalla giovane, la quale anche davanti alla barbarie della guerra e della dittatura nazifascista, che a poco a poco le porteranno via tutto persino la sua adorata figlioletta, decide di rimanere ferma sulle sue posizioni.
Così Trina non ha paura di opporsi ai fascisti che hanno messo al bando la sua lingua madre e il suo insegnamento, ne tanto meno di fuggire sulle montagne con il marito disertore e anche quando, qualche anno dopo la fine della guerra, le acque della diga minacceranno seriamente di cancellare per sempre il suo amato borgo, continuerà a difendersi con quello che nessuno le potrà mai togliere, le parole. Si, perché per questa coraggiosa donna, quello che conta sopra ogni altra cosa, è avere fame di parole, di fatti, storie, fantasie da tenersi strette per quando la vita si complica o tende a farsi spoglia. La sua in fondo è una storia di resistenza e resilienza, giusto per usare un termine tanto forte quanto oramai inflazionato.
” Resto qui ” oltre a far emergere il dono di Balzano per la caratterizzazione dei personaggi femminili, ha sicuramente il merito di fare da monito affinché certi disastri non abbiano a ripetersi e le popolazioni locali siano ascoltate quando si tratta di compiere opere idrogeologiche che andranno a intaccare ecosistemi ed esistenze, come quelle di Trina e di tutta la gente della vecchia Curon.
” Se per te questo posto ha un significato, se le strade e le montagne ti appartengono, non devi aver paura di restare.”